” Tu proverai sì come sa di sale
lo pane altrui..”
Dante Alighieri, Divina Commedia, Paradiso canto XVII. Primi anni del 1300.
Sapore di sale, 1963 Gino Paoli
Premessa
Un pizzico di sale, quanto basta.
Quanto basta a che cosa?
Al gusto di chi lo usa.
Un pizzico, perché a tavola il sale non si pesa, si dosa in modo empirico, come molte cose nella pratica quotidiana. Eppure l’aspetto quantitativo nell’uso del sale è importante dal punto di vista medico: l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) raccomanda di non superare la dose giornaliera di 5 g di sale, cioè 2 g di sodio.
Il consumo giornaliero di sale è invece nettamente superiore a quello raccomandato dall’OMS, ad esempio in Italia è circa il doppio, con alcune variazioni regionali .
Il sale è costituito in gran parte da cloruro di sodio, NaCl, di cui il sodio (Na) rappresenta circa il 40%.
Un elemento di confusione è dovuto inoltre all’uso indifferente dei due termini: sodio (Na) prevalentemente negli Stati Uniti, e sale (NaCl) in Europa.
L’equivalenza é: Na = NaCl * 0.4 : 100 g di sale contengono 40 g di sodio.
Un eccessivo consumo di sale favorisce l’ipertensione arteriosa, uno dei principali fattori responsabile delle patologie cardio vascolari.
Sulla base delle evidenze disponibili, sia l’OMS, sia le principali società medico-scientifiche, ormai da diversi anni hanno denunciato l’eccessivo consumo di sale nell’alimentazione quotidiana ed hanno indicato dei limiti quantitativi.
Organismi governativi di vari paesi hanno promosso iniziative informative, e in alcuni casi hanno preso provvedimenti normativi, per limitare la quantità di sale negli alimenti di maggior consumo. come ad esempio il pane e derivati:
“Poco sale… per guadagnare salute”, è il nome della campagna attualmente in corso in Italia, a cura del Ministero della Salute.
Negli Stati Uniti l’American Heart Association (AHA) promuove una campagna contro l’eccesso di sodio nell’alimentazione, fissando un limite giornaliero di 1,5 g di sodio, cioè meno di 4 g di sale:
Il sale nell’alimentazione.
- Sale aggiunto, detto discrezionale, cioè quello che si può aggiungere a tavola o nella cottura degli alimenti. Costituisce solo un terzo del consumo giornaliero di sale.
- Sale contenuto nei cibi, non discrezionale in quanto già presente negli alimenti prima dell’acquisto; la quantità varia in base al trattamento effettuato a livello industriale o artigianale, come ad esempio nei prodotti da forno, salumi, formaggi, conserve. Questo sale, cosiddetto non discrezionale, rappresenta la maggior parte del consumo giornaliero.
La riduzione del consumo di sale dipende dall’adattamento a un gusto meno sapido. Si può ottenere con una graduale riduzione del sale aggiunto e soprattutto con una preferenza verso cibi meno salati, in particolare alimenti freschi come vegetali, carne, pesce oltre ad un minor uso dei cibi pronti prodotti dall’industria o dalla ristorazione gastronomica.
La controversia in corso.
In questo contesto, caratterizzato dalle numerose iniziative promosse per la riduzione dell’eccesso di sale nell’alimentazione, si è sviluppata una controversia medica in seguito alla presentazione di dati epidemiologici in controtendenza.
La storia è iniziata circa un anno fa, con la prima presentazione dei risultati di un ampio registro epidemiologico, oltre 100 000 soggetti in 17 paesi.
- Lo studio si chiama PURE Sodium, è stato presentato nell’agosto 2013 al convegno della Società Europea di Cardiologia (ESC) ad Amsterdam, successivamente al Congresso Mondiale di Cardiologia (WCC) nel 2014 a Melbourne ed ancora al congresso della Società Internazionale dell’Ipertensione (ISH) ad Atene lo scorso giugno.
I dati sono stati pubblicati il 14 agosto scorso, sulla rivista medica con il maggior Impact Factor, il New England Journal of Medicine (NEJM), accompagnati da un editoriale.
Nelle occasioni citate si è sviluppato un acceso dibattito tra gli autori dello studio e diversi critici che hanno indicato i punti deboli della metodologia usata nello studio, basata sulla determinazione dell’escrezione urinaria del sodio.
Dai dati del PURE Sodium risulta che l’ampia popolazione monitorata consuma giornalmente una quantità di sale nettamente superiore a quella indicata dalle organizzazioni internazionali, senza però evidenti conseguenze negative sugli eventi cardio vascolari, valutati ad un follow up di circa 4 anni. Solo alcuni sottogruppi, come ipertesi e anziani, hanno avuto beneficio da un abituale ridottto consumo di sale.
Risulta inoltre che il ridotto consumo di sale indicato negli Stati Uniti, meno di 4 g. al giorno, è associato ad un aumento del rischio di mortalità.
Tali dati costituiscono una novità rispetto a quanto finora noto. Tuttavia le critiche sono state numerose e non accennano a diminuire.
- Nello stesso numero del NEJM è stato pubblicato uno studio del gruppo Nutricode ( Harward, Cambridge, Imperial College London ) che presenta dati discordanti rispetto a quelli del Pure Sodium.
Si tratta di una metanalisi di oltre 100 studi, con i risultati di un modello previsionale in base al quale 1.65 milioni di morti cardiovascolari, nel 2010, sono attribuibili ad un eccesso di consumo di sodio oltre i 2 g di consumo giornaliero ( 5 g di sale ). Questi dati ad effetto sono stati ripresi dalla principale stampa quotidiana internazionale, ma sono stati valutati in modo critico anche nell’editoriale di accompagnamento.
Commento.
I dati in controtendenza, sul ruolo del sale nelle malattie cardio vascolari, derivati da alcune analisi dell’ampio studio PURE, hanno suscitato vivaci reazioni negli ultimi congressi internazionali.
La contemporanea pubblicazione sul NEJM dei dati discordanti del PURE e della metanalisi del gruppo Nutricode, ha avuto risonanza sui principali quotidiani, alimentando incertezze ed accuse di conflitto di interesse, economico da un lato e professionale dall’altro, come già successo in altre recenti occasioni, nel caso ad esempio delle statine.
Da un lato l’OMS e le principali società medico-scientifiche hanno da anni indicato un limite all’uso del sale nell’alimentazione; dall’altro la maggiore industria mondiale, quella alimentare con un fatturato annuo stimato intorno a 3000 miliardi di dollari, ha sostenuto la tesi della scarsa evidenza disponibile per i limiti che sono stati finora indicati, cioè 5 g di sale al giorno.
Formalmente il problema potrebbe essere risolto solo da uno studio di intervento, trial clinico, che non si limiti ai dati epidemiologici, ma che confronti direttamente gli effetti di un ridotto apporto di sale su obiettivi clinici di esito a medio periodo.
Su questo aspetto però, gli addetti ai lavori concordano che la realizzazione di un tale tipo di studio sia piuttosto improbabile.
Dovendo quindi basarci sui dati finora disponibili, non sembra che l’attuale controversia possa provocare variazioni significative delle linee guida, che esortano ad una riduzione del consumo di sale.
Il ruolo del medico, ed in particolare del cardiologo, è rilevante per evitare incertezze a svantaggio dei pazienti, garantendo una informazione adeguata allo stato delle attuali conoscenze sui rischi di un eccessivo uso di sale, considerando che il rischio di un uso particolarmente ridotto sembra improbabile in base allo stile di vita della maggior parte delle persone.
Un’ottima rassegna sulla controversia del sale è stata pubblicata il 18 agosto, da Shelley Wood, su Medscape Cardiology.
Update 29 agosto 2014.
Si segnala l’intervento di Eric Topol, editor di Medscape, che auspica una revisione delle attuali linee guida statunitensi sul consumo di sale:
Topol on Salt: Time to Shake the Sodium Guidelines? Medscape. Aug 26, 2014.
L’articolo di Topol, in forma di lettera ai lettori di Medscape, ha ricevuto oltre 100 commenti , a conferma del grande interesse per la vivace controversia sul consumo di sale e rischi cardio vascolari.
Riferimenti citati